Conoscere l’uomo? Missione impossibile – Lucian Freud docet

Conoscere l’uomo? Missione impossibile – Lucian Freud docet

Oggi il mio look è ispirato a un quadro del grande Lucian Freud, un uomo che con quel cognome e con quei geni non poteva che essere un genio. Lo stimo perché era un realista consapevole che conoscere realmente l’uomo è un’impresa impossibile.

Girl in a Dark Jacket, 1947, Lucian Freud.

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Lucian Freud nasce in una famiglia che si era già distinta nel panorama culturale, infatti suo nonno è il neurologo e psicanalista Sigmund Freud. Tra i grandi lasciti teorici di Sigmund, se ne aggiunge, così, uno tangibile: Lucian, “nipote d’arte” che spiccherà propriamente nel campo dell’arte visiva. Nato a Berlino nel 1922, Lucian Freud è considerato uno dei grandi pittori realisti del Novecento, sebbene egli non amasse le definizioni – per definizione limitative.

L’opera alla quale mi sono ispirata oggi è un dipinto del 1947 in cui la ragazza rappresentata è Kitty Garman, la prima moglie di Lucian Freud. Intitolandosi Girl in a Dark Jacket, non potevo fare a meno di indossare una giacca nera con il collo in pelle Falconeri e una maglia bianca Mango. Ho poi completato l’outfit abbinando dei jeans scuri e dei guanti bicolore Zara, delle ballerine nere e una borsa grigia.

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Prima di conoscere Lucian Freud e di leggere una monografia di Sebastian Smee a lui dedicata, associavo erroneamente il concetto di realismo a quello di oggettività e proprio per questo, tempo fa, amavo soprattutto il surrealismo, che mi sembrava avere un approccio molto più personale. Con Freud ho compreso che non c’è nulla di più soggettivo del realismo, in cui ogni cosa è rappresentata così come la vede il pittore, con il suo particolare filtro: i suoi occhi.

Senza la pretesa di cogliere in modo assoluto il soggetto, Freud cerca di fissare su tela almeno l’unicità delle persone dipinte, che, sebbene spesso siano famose come la Regina Elisabetta o popolari come Kate Moss, non sceglie per quello che rappresentano nella società, ma per affinità e istinto. Lucian Freud lavorava molto all’interno del suo studio, perché aveva una particolare idea di viaggio.

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Certo, per la crescita è necessario esplorare l’inesplorato, ma conoscere in verticale è più profondo che conoscere in orizzontale. E poi è molto semplice entusiasmarsi per ciò che è nuovo, difficile per ciò che è già conosciuto e l’artista, si sa, ama le sfide. Se Lucian Freud accetta e vince la sfida di entusiasmarsi per i volti a lui più familiari, è consapevole di perdere la sfida più importante, quella di conoscere e rappresentare realmente i suoi soggetti. Non si conosce nessuno “come le proprie tasche” – espressione usata comunemente – e, per quanto ci si sforzi di andare in profondità, l’uomo è inconoscibile. L’artista non deve pretendere di ritrarre il soggetto in modo preciso e definitivo, anzi, se possibile, deve rivelare la sua inconoscibilità, questo è l’insegnamento di Lucian Freud.

Ecco perché neppure i corpi nudi ritratti da Freud hanno l’ambizione di mettere a nudo integralmente la personalità. È vero, la nudità rende più fragili, pronti a svelare ciò che in genere si cela, ma…un uomo non si conosce neppure nudo. Freud osserva l’uomo nella sua vulnerabilità e lo scruta e narra in senso anatomico, come un animale da cogliere in tutti i suoi lati e sfaccettature visibili. Lo fa con grande maestria e naturalezza, senza erotismo o volgarità. Per questo non c’è da stupirsi che abbia ritratto nude anche le figlie senza alcun imbarazzo, perché “in una persona nuda davanti a te c’è qualcosa che invoca premura – si potrebbe chiamarla cavalleria: nel caso delle mie figlie, la premura di un padre oltre a quella del pittore”, afferma Lucian Freud.

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Perché amare Lucian Freud, allora? Perché con Freud un ritratto non significa “Tu sei così e ti rappresento così”, ma “A me appari così come ti rappresento, ma chissà come sei. Intanto ti vedo nel tuo manifestarti come essere vivente e provo a metterti su tela nella tua fragilità e carnalità, senza volgarità”.

Come Socrate sa di non sapere, Lucian Freud sa di non conoscere l’uomo e già solo per questo vale la pena di conoscerlo come artista.

Un saluto da Rossella.

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