Vita – Un viaggio di braccia e scale, come in Montale
Non esistono certezze sull’esperienza misteriosa e affascinante chiamata vita. Credo, però, che tra i tanti dubbi, si possa in qualche modo definirla alla maniera di Montale, come un percorso fatto di braccia e scale.
Vita, un viaggio finito verso l’infinito-ignoto. E questo viaggio ha sempre tante tappe, tanti passi da fare, tanti gradini. Gradini che possono essere in salita o in discesa, per questo le scale da sempre sono uno dei simboli della vita, esperienza che può esser faticosa come una salita – conducendo però a grandi vette, e che può riservare piacevoli momenti, in cui la vita si affronta col sorriso come si fa con una dolce discesa. Discesa e salita, tuttavia, contengono entrambe delle insidie, perché si rischia in ogni momento di cadere.
La metafora delle scale in salita e discesa è usata quasi da ogni comune mortale, e anche dal divino Montale! Infatti anche Eugenio Montale, uno dei miei poeti italiani preferiti, utilizza la metafora delle scale nel brano “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”, ma lo fa parlando solo di un percorso in discesa. Penso che Montale lo faccia perché non allude alle diverse esperienze della vita, fatte di alti e bassi, ma al percorso generale, indicando così tutto il viaggio come una discesa verso la fine, dall’alto al basso, verso la terra. E allora scrive:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Non solo un milione di scale, ma un braccio, quello di chi amiamo e ci vuole bene. Nel caso di Eugenio Montale era la moglie, Drusilla Tanzi. Grazie alla presenza di Drusilla il lungo viaggio in fondo è stato breve: quando si vive insieme il tempo trascorso sembra lungo, ma appare breve quando si scendono le scale soli e si ripensa alla discesa in compagnia. La discesa sorretti da un braccio in realtà vola, perché vola il tempo quando si sta bene, ed è più stabile, riducendo i rischi impliciti di caduta. Senza le braccia amate i gradini sembrano cedere. E allora, forse, mentre ci si dirige con il peso dell’assenza verso la fine, invece di scendere come se nulla fosse accaduto, è bene fermarsi, sedersi un po’ sulle scale prima di ripartire per il viaggio con un milione di nuove scale. Nel percorso della vita, fatto di salite e discese, che tutte portano verso la discesa finale, mai sottovalutare il momento di stallo, quello in cui ci riposiamo dopo un particolare dolore, che sia la perdita di una persona cara come nella poesia di Montale o qualunque altro tipo di triste vicissitudine. Impariamo anche a fermarci, mentre in questo viaggio altalenante andiamo verso la fine. Per non arrivare con l’affanno quando saremo nella terra.
Qui sulla scala della Villa di Fulgenzio della Monica a Lecce.
Un saluto da Rossella.
Una bella sorpresa, come sempre! Complimenti, Ross! 🙂
Grazie mille Noemi 🙂