Uno, nessuno, centomila filtri – Pirandello ai tempi di Instagram

Uno, nessuno, centomila filtri – Pirandello ai tempi di Instagram

Oggi per l’iniziativa Il Maggio dei Libri vi parlo di uno dei più importanti scrittori italiani, Luigi Pirandello. Il romanzo filosofico Uno, nessuno, centomila da sempre è un punto di riferimento per chi è curioso di comprendere quanto sia complessa la relazione tra noi e gli altri.

 

Maggio da sempre è il mese della rinascita e da un po’ di tempo lo è anche per quanto riguarda la lettura: l’iniziativa Il Maggio dei Libri promossa dal Centro per il libro e la lettura è un’occasione per diffondere l’amore per i libri con tantissime iniziative in tutta Italia. Tra i diversi filoni tematici proposti, ho scelto il tema degli anniversari di scrittori illustri, perciò ho deciso di parlarvi di un autore a me molto caro, Luigi Pirandello, nato nel 1867. Sono passati 150 anni dalla nascita del premio Nobel, le cui opere sono tra i maggiori lasciti della letteratura italiana. Uno, nessuno, centomila fa indubbiamente parte dei capolavori dello scrittore, libro che è un piacere leggere se ci si vuole abbandonare alle riflessioni più profonde sull’io e sull’io in relazione al non io, ovvero agli altri.

 

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Uno

Vitangelo Moscarda è un individuo che vive la propria vita serenamente senza porsi troppe domande, convinto da sempre di essere e apparire uno solo agli occhi di tutti. Un tipo di uomo che si sveglia e si riconosce allo specchio come singolo. Rappresenta chi vive invece di vedersi vivere, chi è convinto di avere una propria identità.

 

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Centomila

Un giorno Dida, la moglie di Moscarda, fa notare al marito che il naso gli pende verso destra. Ma come? Lui non l’aveva mai notato! E da quel momento la vita di Vitangelo Moscarda inizia a cambiare. È uno solo, ma ogni altro essere umano lo vede in modo diverso e soggettivo. E questo vale per tutti noi. Io, ad esempio, oggi ho indossato un look che è oggettivamente quello per tutti: un cappello all’uncinetto fatto da me, una camicia color oro, una gonna marrone Terranova, degli stivaletti Fornarina, un trench beige, una borsa maculata e gli occhiali Ray-Ban. Eppure è come se ognuno mi vedesse a modo proprio, con un proprio filtro. Sì, i filtri fotografici tanto utilizzati oggi, per me sono la metafora della relazione io-non io. Noi siamo in un modo, ma gli altri scelgono filtri fotografici diversi per guardarci, basati su quello che già pensano di noi. Insomma, la foto è una, ma tutti ci mettono il proprio filtro.

 

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Nessuno

Moscarda non si riconosce nei filtri degli altri, che sono infiniti, ed è per questo che finisce per non sentirsi nessuno. Quelle degli altri sono solo rappresentazioni, come è realmente lui o come crede di essere diventa irrilevante. Per questo, quando si trova davanti a Dida e a un suo “dipendente” è consapevole che ci siano altri “due se stesso” con lui e afferma:

Due dunque, non agli occhi loro, ma soltanto per me che mi sapevo per quei due uno e uno; il che per me non faceva un più, ma un meno, in quanto voleva dire che ai loro occhi, io come io, non ero nessuno.

Ai loro occhi soltanto? Anche per me, anche per la solitudine del mio spirito che, in quel momento, fuori d’ogni consistenza apparente, concepiva l’orrore di vedere il proprio corpo per sé come quello di nessuno nella diversa incoercibile realtà che intanto gli davano quei due.

Non essere riconosciuto per quello che si è o si crede di essere crea solitudine. Ma a Moscarda non importa, perché lui vuole scardinare il pensiero che gli altri hanno di lui, cioè che sia il figlio di un usuraio noncurante di come percepisca i soldi. Inizia a comportarsi diversamente, dal donare immobili al regalare i propri beni, finendo per essere abbandonato dalla moglie ed essere considerato pazzo.

Pazzia

Siamo tutti normali inteso come aderenti alla norma statistica fino a quando non succede qualcosa. Qualcosa che può verificarsi prima, dopo o mai. Così come viviamo costantemente la vita affiancati dalla morte, viviamo la nostra normalità accompagnati sempre dalla follia. L’unica differenza tra morte e follia è che la prima – almeno da quanto ci risulta – avviene con certezza, la seconda no. Il percorso di Moscarda, però, non deve considerarsi quello di un pazzo. Il percorso di Vitangelo è razionale, ma fondare le proprie azioni su un ragionamento estremamente analitico, che cioè prende la propria identità e la scinde in tante parti quanti sono gli altri, lo fa considerare pazzo agli occhi altrui.

Quella finale di Moscarda è una scelta consapevole: di sentirsi nessuno per esprimere ogni giorno se stesso in modo diverso. Ma in fondo, ci si può solo sentire nessuno. Non si è mai nessuno. Certo, Moscarda afferma che quel corpo poteva capitare ad altri, però poi in realtà è capitato a lui e non è più il corpo di nessuno: è solo di qualcuno sottoposto ogni giorno ai filtri degli altri, qualcuno che magari riflette, dubita, non sa bene chi è, ma è. Rinascendo ogni giorno.

Come sempre davanti a capolavori del genere, “opere aperte” alla nostra interpretazione, io ho interpretato a modo mio. Avrò sbagliato? Credo che per Pirandello non esista l’errore interpretativo, perché come ogni persona anche un libro è uno, nessuno e centomila. Insomma a me questo è parso di capire…e così è, se mi pare!

Un saluto da Rossella.

 

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